Vita da farfalla

Un giorno, io e mia cugina andammo a fare una passeggiata in mezzo alla campagna per rilassarci e non pensare a nulla. Arrivammo nel mezzo di una vigna piena di uva e decidemmo di raccoglierne un po’ per mangiarla. Staccammo il primo grappolo sopra al quale c’era una farfalla che non voleva andarsene e sembrava fosse proprio incollata. Ad un tratto, volò via nervosamente. Io e mia cugina continuammo a camminare e nel frattempo mangiavamo l’uva che avevamo raccolto. Si erano fatte le sette di sera e stava facendo buio, allora decidemmo di tornare a casa e cenare.
La nonna ci stava aspettando con il cibo pronto in tavola, mangiammo con calma e dopo qualche partita a carte, decidemmo di andare a dormire. Quella notte per me fu un vero e proprio incubo: sudavo tantissimo e avevo un forte mal di pancia e di schiena, non riuscivo proprio a muovermi. Poi, verso l’alba, riuscii a tranquillizzarmi e, poco dopo, mi passarono tutti i dolori. Ad un certo punto, provai tanta sete. Mi alzai dal letto, provai ad uscire dalla camera, ma non riuscivo a passare dalla porta. Sentivo come se qualcosa mi trattenesse per le spalle, mi girai e vidi delle ali di farfalla attaccate alla mia schiena. Non capivo come e perché avessi queste ali, poi pensai alla farfalla del pomeriggio… l’avevo forse mangiata? Avevo respirato qualcosa di strano? Non riuscivo a darmi una risposta valida o logica.
Provai a tagliarle, quelle fastidiosissime ali, ma senza successo. Decisi allora di schiacciarle per passare attraverso tutte le porte di casa e uscire. Non sapevo più cosa fare, ero spaventata, agitata e provai in tutti i modi a staccarle, ma niente. L’unica cosa da fare era provare a volare, dopo tutto, fin da bambina, era sempre stato il mio sogno nascosto. Mi concentrai e feci vari tentativi: saltavo, cadevo, mi facevo male e, ad un certo punto, ci riuscii.
Era bellissimo! Sembrava di essere in un sogno, fino a che non arrivò un uccello bruttissimo e gigante che provava in tutti i modi a mangiarmi. Ormai però non avevo più paura di niente, gli diedi un calcione e cadde sopra ad un albero. Volavo felice, quando mi accorsi di avere anche delle antenne attaccate alla mia testa; allora capii che con il passare del tempo sarei diventata una vera farfalla. Ero felice perché potevo volare, ma, allo stesso tempo, ero anche triste perché non avrei più vissuto la mia vita, non sarei più stata con la mia famiglia e non avrei avuto più nessuno dei miei cari con cui parlare e stare insieme. Non potevo fare altro che rassegnarmi e vivere il resto della mia vita come una farfalla.
Passati altri tre giorni, mi sentivo nuda, priva di sentimenti, ma soprattutto tanto sola. La metamorfosi procedeva e non sapevo cosa fare, i giorni passavano e avevo tanta fame. Ripensai al vigneto e a quell’uva succosa e invitante che c’era, perciò mi recai proprio lì. Mi posai con calma a terra, ancora arrivavo a prendere l’uva perché, nonostante fossi molto più bassa, non mi ero ancora trasformata del tutto. Staccai un grappolo e lo portai con me sopra un albero, dove me lo mangiai con calma per poi addormentarmi.
Il giorno seguente avevo completato la mia mutazione: ero diventata una vera e propria farfalla! I giorni passavano noiosi, andavo a succhiare un po’ di succo d’uva, tornavo sull’albero e mi riposavo; facevo alcuni voli, posandomi qua e là e infine mi riaddormentavo sul mio alberello. Le mie giornate erano tutte uguali. Un giorno, mentre mi trovavo nel vigneto, arrivarono due ragazze che, all’improvviso, strapparono il grappolo dove mi ero posata. Mi volevano mandare via e allora caddi dentro un acino di uva aperto e mi bagnai le ali perdendo così un po’ di quella polverina che permette alle farfalle di volare. Mi arresi e lasciai il grappolo alle ragazze.
Ero molto stanca e un po’ febbricitante, decisi perciò di tornare sull’albero. Dopo qualche giorno, al mio risveglio, mi ritrovai in compagnia di un’altra farfalla che giaceva accanto a me, la svegliai e le chiesi cosa facesse là e se volesse qualcosa da me. Non mi disse altro che: “Ciao, mi chiamo Alice! Mi sono ritrovata in questo corpo senza un motivo e non so più cosa fare e tu?” Aveva il mio stesso nome ed era diventata una farfalla, come era accaduto a me… anzi avevo la netta sensazione che quella ero proprio io!
Parlando, io e Alice capimmo di essere la stessa persona, la stessa Alice che, giorni prima, aveva scacciato una farfalla posata su un acino d’uva. Pensammo a lungo a questa curiosa situazione e decidemmo di andare in cerca di altre nostre sorelle, altre “Alice diventate farfalle”, proprio come noi.
Un giorno udimmo una voce dal basso che diceva: “Scusate, voi lassù, ascoltatemi!” Abbassammo lo sguardo, c’era un topolino sotto di noi che ci stava chiamando. Ci avvicinammo e gli chiedemmo cosa volesse. Ci chiese di accompagnarlo a casa perché dall’alto potevamo indicargli la strada che aveva smarrito. Accettammo e lo accontentammo. Dopo avergli raccontato la nostra storia, gli chiedemmo se conoscesse altre farfalle come noi. Lui ci spiegò che esisteva un posto speciale dove potevamo incontrare farfalle e altri animali simili a noi, un posto al confine tra sogno e realtà. Seguimmo le sue indicazioni e, quando arrivammo, restammo a bocca aperta. Si trattava di un bosco incantato nel quale tutte le farfalle potevano vivere in pace e al sicuro. Io e Alice decidemmo allora di vivere lì. C’era qualche casa a disposizione e decidemmo di abitarne una insieme. La vita da farfalla, dopo tutto, era molto meglio che quella da essere umano!

Autore: Aly72 (Classe IIIB)

Revisore: Furious Jack

Categoria: Inventare